


"Cosa spinge un uomo che ha girato il mondo per lavoro e che frequenta ambienti d'élite, a interessarsi della sua terra sino a scavare nei meandri nascosti e inesplorati ?" "Le mie esperienze nel fashion style e i miei rapporti con personaggi di grido mi hanno senza dubbio aperto la mente, ma nulla potrà mai distogliermi dalle mie origini che mi rendono fiero e orgoglioso. Il mio senso di appartenenza emerge sempre in tutti i miei lavori. Con Il Traghettatore ho avvertito l’esigenza di analizzare, comprendere e percepire la vera essenza che emana questa città, un tempo luccicante e patinata mentre oggi cerca di reinterpretarsi con una visione più emancipata. Ho voluto focalizzare il mio obiettivo sui volti caratteristici, andando alla ricerca del pescarese medio, qualificato in quel “nu sem nu” che ci rende unici. Ascoltare il pensiero e la saggezza popolare è stata una grande scuola di vita”. "Un lavoro meticoloso durato circa tre anni. Cosa racconta sostanzialmente Il Traghettatore ?" "Il film racconta Pescara come non si è mai vista, attraverso le voci di chi la vive quotidianamente. La città di D'Annunzio e Flaiano è la stessa di Umberto Santoro, Otello Argentini, Eliseo Marrone e Marcello Di Santo, meglio conosciuto come "bucchin". Anch'essi artisti a modo loro, istrionici, bizzarri e particolari. Peccato che certe figure vanno pian piano scomparendo e rischiano di essere dimenticate, come Enzo la vipera, per esempio. Geniale, anticonformista e all'avanguardia". "Hai ottenuto un grande successo con il "D'Annunzio & Friends", la mostra fotografica che nelle sue tre edizioni ha proposto il Vate con un linguaggio inedito e multimediale. In precedenza hai portato in stampa il magazine "Biancazzurri siamo noi", distribuito allo stadio Adriatico e ultimamente hai allargato gli orizzonti sull'intero Abruzzo" - Sì, con "Decumano Maximo", il film dossier che ha portato alla luce luoghi e vicende legati alla Guerra Sociale, ho raggiunto risultati e successi inaspettati, tanto da proseguire con "Il Guerriero mi pare strano" dove narro della mia teoria, provata e riconosciuta da numerosi esperti, riguardante il falso storico legato al celebre reperto rinvenuto a Capestrano e preso come simbolo della nostra regione. Una battaglia che ho portato avanti per vie legali al TAR di Pescara, vincendo contro il Ministero della Cultura e dimostrando che non esistono documenti scientifici che attestino l’autenticità del guerriero e della dama di Capestrano. Ora sono in gara all'Arkaïos Film Festival negli Stati Uniti con “Il Serparo" che documenta le tradizioni mistiche legate alla festa di "San Domenico a Cocullo" Alessio Consorte si conferma dunque, un innovatore. Il suo stile intreccia ricerca storica, sperimentazione artistica e impegno civile, rendendolo una figura unica nel panorama culturale regionale e nazionale. E se "Pescara è nu film", come diceva il mitico Ivan Nacucchi, Consorte è il regista ideale di questo kolossal dai risvolti naif e dalla sceneggiatura assurda e surreale. Bruno Barteloni
